Inquadramento normativo
La sensibilità ecologica connessa agli impianti di riscaldamento non è più una questione di coscienza personale. In Italia, il Decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74 (DPR 74/2013) stabilisce i criteri in materia di controllo, di manutenzione e ispezione che devono essere rispettati nelle abitazioni private e nelle sedi di attività professionali, commerciali e associative. Dal 15 ottobre 2014 è obbligatoria per tutti l’adozione dei nuovi modelli di libretto per l’impianto, e per i rapporti di controllo di efficienza energetica.
La legge 90/2013 definisce gli impianti termici su cui si applica la normativa di manutenzione e controllo. Sono quelli destinati «ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolarizzazione e controllo». Non sono inclusi nella definizione «stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante, a meno che la loro struttura sia fissa, e la somma della loro potenza per unità abitativa sia uguale o maggiore di 5 kW. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate».
In pratica, la legge sottopone alle sue prescrizioni sostanzialmente tutti gli impianti di riscaldamento e di condizionamento autonomi e condominiali. La responsabilità della manutenzione è assegnata a chi occupa l’appartamento riscaldato e/o raffrescato; al proprietario, nel caso in cui le unità immobiliari non siano abitate; all’amministratore di condominio quando l’impianto è centralizzato; all’amministratore delegato, se la proprietà non sia riconducibile ad una persona fisica.
Secondo il DPR 74/2013, gli impianti di riscaldamento alimentati a gas, metano e GPL, con una potenza termica compresa tra 10 e 100 kW, devono essere sottoposti a controllo di efficienza energetica almeno una volta ogni quattro anni; se la potenza invece è superiore a 100 kW, il controllo deve avvenire almeno una volta ogni due anni. Oltre a questa cadenza periodica, il controllo deve essere effettuato:
- Al momento della prima installazione;
- In caso di sostituzione della caldaia;
- Dopo tutti gli interventi che possono interferire con l’efficienza energetica.
Il responsabile dell’impianto tuttavia non è il soggetto che deve realizzare il controllo: è colui che lo deve commissionare. L’esecuzione deve essere affidata all’installatore in occasione della prima accensione della caldaia, e alla società di manutenzione negli appuntamenti successivi. Gli attori autorizzati ad eseguire questo tipo di servizio sono solo «le ditte abilitate ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37 (D.M. 37/08), per le tipologie impiantistiche pertinenti».
Al termine delle operazioni di controllo, e degli eventuali interventi di manutenzione, l’operatore che ha svolto le attività deve compilare il rapporto di controllo di efficienza energetica. Con la sua firma deve certificare la verità di quanto dichiarato. Il documento viene rilasciato in due copie, che devono essere consegnate a due destinatari diversi. Uno è il responsabile dell’impianto, il quale lo allega al libretto di impianto o di centrale in suo possesso; l’altro è l’ufficio della pubblica amministrazione che sovrintende le ispezioni. Per gli impianti di climatizzazione invernale di potenza termica compresa tra 10 kW e 100 kW, alimentati a gas, metano o gpl, e per gli impianti di climatizzazione estiva di potenza termica compresa tra 12 e 100 kW, l’accertamento del rapporto di controllo di efficienza energetica inviato dall’operatore è ritenuto sostitutivo dell’ispezione.
Cosa sta succedendo
Nonostante siano trascorsi anni dalla pubblicazione della normativa, la sua importanza non sembra ancora essere stata assimilata dal senso comune. Lo testimonia una rilevazione a campione condotta nella provincia di Arezzo: la Confartigianato stima che circa il 30% degli abitanti dell’area non si sia ancora messa in regola. La Regione Toscana ha attivato il suo team di ispettori per intraprendere i controlli previsti dalla legge. L’arrivo dei pubblici ufficiali è preceduto da una lettera; i destinatari sono coloro che non hanno ancora registrato alcuna attività di manutenzione, o che lo hanno fatto in modo molto discontinuo. Il controllo è gratuito, ma nel caso in cui venga rilevata la mancanza del bollino sui rapporti, il responsabile dell’impianto sarà tenuto a versare un contributo di cento euro – oltre alla spesa per eseguire il controllo ad opera del manutentore di fiducia.
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