Case Green: tutte le novità della direttiva europea

Il 12 aprile 2024 il Consiglio dell’Unione europea ha dato il via libera definitivo alla Direttiva sull'Efficienza energetica degli edifici (Epbd), meglio conosciuta come direttiva “Case Green”. L'obiettivo è ambizioso: azzerare le emissioni dell'intero parco immobiliare europeo entro il 2050. Un risultato da raggiungere attraverso un piano di ristrutturazioni graduale, che inizia dagli edifici con le peggiori prestazioni energetiche, ma anche attraverso regole più stringenti per la costruzione di nuovi edifici. Così come maggiori incentivi a favore di sistemi ibridi, come quelli che combinano caldaia e pompe di calore, e dell'elettrificazione degli edifici, attraverso l’installazione di impianti fotovoltaici, batterie e infrastrutture di ricarica per biciclette e veicoli elettrici.

Entro il 2026, i 27 Stati membri dovranno elaborare un piano nazionale di ristrutturazione energetica, definendo un piano e obiettivi specifici. Una tabella di marcia che andrà aggiornata ogni 5 anni, per monitorare i progressi e adeguare le strategie.

Cosa prevede la Direttiva sulle Case Green: nuovi edifici e ristrutturazioni
Gli edifici rappresentano in Europa il 40% del consumo di energia finale e il 36% delle emissioni di gas a effetto serra legate all’energia. Incrementare la loro efficienza energetica non si traduce unicamente in un beneficio per l'ambiente, grazie alla riduzione delle emissioni, ma consente anche di affrontare con maggiore efficacia la questione della povertà energetica e di generare un impatto positivo sull'economia, sostenendo la creazione di nuovi posti di lavoro. Obiettivi ambiziosi, coerenti con il fine ultimo della direttiva: raggiungere entro il 2050 emissioni zero.

Per farlo, cambierà anche la filosofia degli incentivi, già a partire dal 2025, con un sostegno al fotovoltaico e alle soluzioni ibride maggiormente efficienti, a discapito di caldaie a metano e GPL.
Il percorso verso l'obiettivo finale è scandito da step intermedi: un taglio di almeno il 16% dei consumi per il parco immobiliare residenziale entro il 2030, da aumentare ad almeno il 20-22% entro il 2035. Gli Stati membri dovranno quindi assicurare un miglioramento progressivo, basandosi sulle medie di consumo piuttosto che sulla singola classe di efficienza energetica degli edifici e concentrandosi sulla ristrutturazione degli edifici residenziali con le peggiori prestazioni, che dovranno garantire almeno il 55% della riduzione del consumo medio di energia primaria.

Per quanto riguarda i nuovi edifici, la direttiva impone che a partire dal 2028 per il pubblico – e dal 2030 per tutti gli edifici – le nuove costruzioni siano a emissioni zero e “solar ready”, vale a dire predisposte per l'installazione di impianti fotovoltaici o solari termici sui tetti, senza costosi interventi strutturali.

Sono esclusi gli edifici storici, i luoghi di culto, gli edifici indipendenti con superfici inferiori a 50 mq, le case per vacanze estive ed edifici residenziali usati per un periodo limitato e con un consumo energetico ridotto, gli edifici di proprietà delle forze armate e utilizzati a scopi di difesa e i siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali.

La Direttiva Case Green, invece, non contiene alcun divieto di vendita o affitto di case con classe energetica G, come era stato paventato da alcuni nei mesi scorsi.

L'Italia e la sfida della Direttiva Case Green: numeri e opportunità
In Italia, come nel resto d'Europa, la sfida della Direttiva Case Green si presenta imponente. Secondo l'Unione Europea, quasi il 75% degli edifici è inefficiente sotto il profilo energetico e necessiterà di interventi di ristrutturazione entro il 2050. Un dato che trova conferma anche nel nostro Paese. La recente ricerca "Il Valore dell'abitare", condotta da Ance Assimpredil, Fondazione Symbola, Cresme e European Climate Foundation, evidenzia che il 72% del parco immobiliare italiano è composto da edifici costruiti prima del 1980, caratterizzati da scarse prestazioni energetiche. Infatti, quasi tre edifici su quattro (il 71%) si collocano nelle classi energetiche E, F e G.

Per migliorare l'efficienza energetica degli edifici italiani e tagliare i consumi energetici del 16% entro il 2030, saranno necessari tra i 260 e i 320 miliardi di euro. Nello specifico, ad essere interessati sarebbero quasi 600mila immobili unifamiliari e 2,6 milioni di unità inserite nei condomini. Intervenire sulla riduzione dei consumi energetici, consentendo al patrimonio residenziale di salire almeno di 2 classi energetiche, consentirebbe al contempo un risparmio del 40% sulla bolletta di una famiglia, e al tempo stesso un incremento del valore delle abitazioni.

Semaforo verde per sistemi ibridi di riscaldamento, pompe di calore e fotovoltaico
Si pone poi l'accento sull'eliminazione graduale dei combustibili fossili nelle abitazioni, con un'attenzione specifica all'utilizzo di caldaie a metano e GPL. Se da un lato la data del divieto definitivo per queste tecnologie è fissata al 2040, già a partire dal 2025 gli Stati membri non potranno più erogare incentivi economici per l'acquisto o l'installazione di caldaie a gas metano.

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Semaforo verde, infine, per gli incentivi agli apparecchi ibridi, come quelli che combinano caldaie e pompe di calore, controllate da una centralina unica. Così come l'elettrificazione dei riscaldamenti, l'utilizzo di pompe di calore e il fotovoltaico. Questi impianti rappresentano infatti le soluzioni più efficienti e flessibili, in linea con gli obiettivi della Direttiva europea Case Green.

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