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Nel 1961 Maurits Cornelis Escher diede forma al suo primo nastro di Möbius, la figura geometrica che da un lato sembra rappresentare l’infinito e, dall’altro, la mancanza di confine tra il dentro e il fuori, il sopra e il sotto. Un’immagine che ci obbliga a cambiare paradigma di pensiero rispetto alla geometria classica, a rompere gli schemi. Il nastro di Möbius, forse per questi motivi, è anche alla base del simbolo grafico che convenzionalmente indica il riciclare e, a sua volta, viene associato all’economia circolare e rigenerativa. Un’economia che, quindi, non soltanto limita il consumo ma, sostanzialmente, rigenera o compensa le risorse consumate.
L'economia cosiddetta “sostenibile” è un concetto che mira a conciliare gli obiettivi economici con quelli ambientali e sociali. Si tratta di un approccio che cerca di soddisfare i bisogni attuali senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri. Promuove perciò l'adozione di pratiche come l'efficientamento energetico e la gestione consapevole delle risorse naturali. In sostanza, l'obiettivo principale è quello di creare un equilibrio tra le esigenze umane e l'ecosistema che le supporta.
L'economia rigenerativa, invece, va oltre il concetto di sostenibilità, proponendosi di ripristinare e rigenerare gli ecosistemi danneggiati e in questo modo supera la mera mitigazione degli impatti negativi. L'obiettivo dell'economia rigenerativa è, perciò, creare sistemi economici che abbiano un impatto positivo sul pianeta, contribuendo attivamente al mantenimento della biodiversità, alla rigenerazione dei suoli, alla riduzione dell'inquinamento e al ripristino degli ecosistemi danneggiati. L'approccio rigenerativo si concentra sulla creazione di un circolo virtuoso in cui le attività umane supportano la salute e la prosperità dell'ecosistema.
La storia di questo pensiero economico si ispira a un concetto prettamente agricolo che ha cominciato a guadagnare attenzione tra gli anni Ottanta e Novanta. Il movimento dell'agricoltura rigenerativa si è concentrato sul ripristino e sulla rigenerazione dei suoli agricoli impoveriti attraverso pratiche come la coltivazione biologica, l'uso di compost e il ripristino della biodiversità. L'obiettivo era quello di creare sistemi agricoli sostenibili che rigenerassero la fertilità del suolo, riducendo al contempo l'uso di fertilizzanti chimici e pesticidi. Un altro importante contributo alla storia dell'economia rigenerativa è stato dato dal concetto di biomimesi o "imitazione della natura".
Questa prospettiva, sviluppata negli anni Novanta, si basa sull'idea che la natura rappresenti un modello da seguire. L'approccio biomimetico prende spunto dai processi naturali, dalle strutture e dalle relazioni ecologiche per sviluppare prodotti, tecnologie e sistemi che siano efficienti, resilienti e rigenerativi. Negli ultimi anni, inoltre, il concetto di economia circolare ha contribuito a definire ulteriormente l'idea di economia rigenerativa. Questa infatti si concentra sulla riduzione degli sprechi, sulla riparazione e sul riciclo dei materiali, e sull'adozione di modelli di business basati sul riuso e sulla condivisione delle risorse.
L'economia rigenerativa ha continuato a evolversi e a guadagnare rilevanza negli ultimi anni, spingendo verso la creazione di modelli economici che non solo mitigano gli impatti negativi, ma promuovono attivamente la rigenerazione degli ecosistemi e il benessere delle comunità. Proprio in quest’ultimo aspetto c’è la chiave di volta del business rigenerativo.
Si tratta della differenza tra crescita e sviluppo, come definita dal premio Nobel Amartya Sen, con il parallelismo necessario tra il progresso socioeconomico e quello "socioecologico". Un paradigma che definisce anche un nuovo modo di considerare l’impresa, valutandola senza impiegare i classici criteri di bilancio, ma considerandone l’impronta complessiva, negativa e positiva, che può avere sull’ecosistema naturale e umano circostante. Un’idea di impresa che troviamo espletata anche nella definizione di società benefit che, secondo la la legge n. 208 del 28 dicembre 2015, identifica quelle attività economiche che “ oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse”.
Per comprendere la filosofia rigenerativa, quindi, è necessario collocare l’impresa nel panorama più ampio della comunità in cui opera. La comunità, però, può a sua volta essere non solo destinataria dei benefici di un’economia rigenerativa, ma anche protagonista. Questo è quanto accade con la comunità energetica, anzi è implicito nel suo stesso modello economico e produttivo. Le comunità energetiche rappresentano un modello di gestione e produzione energetica decentralizzata e partecipativa, in cui i membri si uniscono per produrre, gestire e condividere l'energia prodotta da fonti rinnovabili. Possono essere costituite da abitazioni private, aziende, cooperative o enti pubblici che collaborano per produrre, consumare e condividere energia in modo efficiente.
Le comunità energetiche sono un elemento centrale dell'economia rigenerativa, in quanto promuovono l'uso dell’energia prodotta da fonti di energia rinnovabili a livello locale, la condivisione delle risorse energetiche e l'empowerment delle comunità stesse. Attraverso le comunità energetiche, viene anche favorita la partecipazione attiva dei cittadini nella transizione verso un nuovo sistema energetico, creando un legame diretto tra produzione e consumo di energia e stimolando l'adozione di pratiche energetiche responsabili.
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